Progetto chirurgia pediatrica Ospedale pediatrico São José em Bor – Guinea Bissau

1. Introduzione

Negli ultimi anni la realtà della cooperazione sanitaria nei paesi Paesi in via di Sviluppo è in fase di profondo cambiamento, si è infatti compreso come il ruolo delle cure ospedaliere sia prioritario rispetto al passato quando venivano considerati primari i progetti di assistenza sanitaria primaria e la chirurgia era vista come pratica dispendiosa da riservare alle urgenze “salva-vita” ,ai parti cesarei e a pochi altri interventi.
Si sta rafforzando la percezione che in molti paesi in via di sviluppo stiano emergendo esigenze e bisogni sanitari diversi, legati alla evoluzione dei contesti socio-economici e delle abitudini di vita della popolazione, soprattutto anche a seguito della progressiva urbanizzazione, alla globalizzazione e al più facile accesso alle informazioni attraverso la televisione e internet, in particolare di quella parte che vive nelle grandi città e ruota attorno ad ospedali di riferimento, dove vengono richieste cure più qualificate rispetto agli standard garantiti nei normali ospedali periferici e dalla medicina “tradizionale” che si sta via via abbandonando.
Non sono da trascurare neanche gli effetti della globalizzazione che in sanità, se da un lato consente più facilmente la conoscenza di modelli clinici ed organizzativi ben sperimentati e ne può favorire quindi la diffusione, dall’altro deve confrontarsi con l’applicazione nei paesi in via di sviluppo di nuove tecnologie i cui vantaggi non sempre corrispondono alle attese a causa dei problemi gestionali ad esse collegati (sostenibilità dei costi, accesso ai corsi di formazione per l’utilizzo degli strumenti, problemi di manutenzione legati alle difficoltà di assistenza, puntualità nei rifornimenti, etc.).

E’ altresì evidente che le novità scientifiche e tecnologiche suscitano grande interesse in una buona parte dei medici e infermieri dei paesi in via di sviluppo che aspirano a migliorare le proprie capacità e la qualità delle cure prestate ai pazienti, e per questo desiderano collaborare con personale sanitario straniero. Nel caso della Guinea-Bissau, in particolare, la maggior parte dei medici si è formata all’estero, principalmente Cuba, Russia ed Europa anche se questi ultimi hanno poi preferito rimanere in Portogallo piuttosto che in Italia. A titolo di esempio in Guinea-Bissau a oggi non esiste un medico anestesista specializzato.
In questo scenario che si sta così modificando, in Africa e, nello specifico, in Guinea-Bissau, l’attività delle organizzazioni umanitarie con riferimento alla salute non può continuare ad essere prevalentemente svolta sul territorio e/o in piccole o medie strutture ospedaliere, che necessitano principalmente di chirurgia ed ostetricia di base, con sporadiche esigenze di attività specialistiche.
Il bisogno di specialisti, sia di area chirurgica ma anche medica, che possano effettuare in loco interventi complessi su pazienti selezionati, comincia ad emergere soprattutto presso gli ospedali di riferimento, dove nel contempo è anche possibile organizzare corsi e tutoraggi finalizzati a formare i loro medici fino al conseguimento di una reale autonomia operativa.
Sono inesistenti o rari, infatti, i chirurghi plastici, i chirurghi toracici o vascolari, i chirurghi pediatri, ortopedici, maxillo-facciale e urologi tanto per fare qualche esempio.

Ciò premesso…
La Guinea Bissau, ex colonia portoghese, si trova nell’Africa Occidentale; ha una superficie di 36.125 km quadrati e la popolazione è di circa 1.800.000 abitanti è uno dei più poveri stati al mondo, pochi ospedali cercano di far fronte alle cure essenziali della popolazione con attrezzature spesso minimali. Non esistono sistemi di emergenza

territoriale, di diagnostica, di terapie intensive… neanche in qualche clinica a pagamento, come può succedere in altri paesi africani, così da fare differenza tra la vita dei ricchi, che “migrano verso ospedali di Dakar o del Portogallo, e quella dei poveri destinati a ricorrere alla medicina “tradizionale” o, peggio, alla cura di guaritori o ciarlatani locali.

2. L’ ospedale pediatrico São José em Bor

L’ospedale pediatrico São José em Bor – Bor è un quartiere poco fuori Bissau, la capitale della Guinea-Bissau – vede l’inaugurazione nel 2007 dalla volontà di Padre Ermanno Battisti, missionario del PIME, che ha lavorato per molti anni come missionario in quella zona, aiutato in questa “missione” da quattro associazioni italiane che nel tempo hanno finanziato la costruzione e le spese di gestione della clinica. La struttura fa capo alla Diocesi di Bissau,

A oggi sono finanziatori, integrando e sostenendo le attività dell’ospedale:
Fondazione Poliambulanza onlus di Brescia
Progetto Anna onlus
Vigevano Prabis onlus
PIME – Pontificio Istituto Missioni Estere
I primi anni sono serviti a dare l’organizzazione dell’ospedale e la formazione del personale.
E’ stato redatto un piano organizzativo specificando il personale necessario con i relativi ruoli.
E’ stato redatto l’organigramma del personale e definite le finalità dell’ospedale.

Finalità sintetizzate in un unica locuzione “ Dare a tutti i bambini della Guinea cure e assistenza anche a chi non può permettersi di pagare” con questa mission l’ospedale ha operato fino ad oggi diventando un modello ed un esempio nella sanità della Guinea-Bissau.
Nel 2010, principalmente grazie alla fondazione Poliambulanza onlus di Brescia, si è realizzato il blocco operatorio con una sala ed una strumentazione paragonabile agli standard europei.
In Guinea-Bissau non c’è sanità degna di questo nome, la sanità pubblica si limita alla esistenza di cosiddetti ospedali pubblici, poveri di apparecchiature per indagini diagnostiche e di farmaci, dotati di una sala operatoria dove fare qualche intervento.
E’ in questo contesto che ha operato ed opera l’ospedale São José em Bor .
Oltre alle “normali” attività tipicamente ospedaliere si è voluto organizzare missioni di specialisti, principalmente italiani, ma anche portoghesi e spagnoli, che per periodi di due o tre settimane, periodicamente ripetute, hanno dimostrato concretamente quelle moderne tecniche diagnostiche, l’ospedale è dotato di ecografo, apparecchio ECG,
radiologia oltre ad un attrezzato laboratorio di analisi, e terapeutiche che meglio si adattano alla realtà locale, e che potranno poi essere attuate e diffuse tra i medici ed i chirurghi locali.
Interessante vedere come i pochi strumenti sopraelencati, che per gli standard italiani sarebbero ritenuti insufficienti anche per la più piccola e modesta delle strutture ospedaliere, in Guinea-Bissau, fanno la differenza fra un ospedale “attrezzato” e lo standard locale.
Sul piano organizzativo si è posto in primo piano l’integrazione professionale la cui priorità era ed è la formazione, l’innovazione e il cambiamento, soprattutto culturale del personale sanitario. Negli ultimi tre anni si sono avvicendate in Bor, anche per periodi significativi di un anno o due, figure professionali italiane, tra le quali: una professoressa universitaria di

infermieristica, una dottoressa di comprovata esperienza e capacità e una dottoressa anestesista che oltre ad operare sul campo e a portare la loro competenza hanno formato personale interno ed esterno all’ospedale Detto modello organizzativo, atto a promuovere l’appropriata e l’efficacia delle valutazioni e degli interventi ottenendo risultati più che soddisfacenti sia per il personale medico che infermieristico, può in questo progetto essere replicato magari estendendone l’ambito in cui si è operato.
Inoltre l’esperienza formativa è risultata utile anche ai medici partecipanti alle missioni che, abituati a lavorare in paesi a risorse elevate, hanno appreso a: riscoprire la “primary medicine”; a sfruttare le importanti e rapide informazioni diagnostiche attraverso la clinica e le semeiologia senza dover ricorrere obbligatoriamente a esami più sofisticati e tecnologici che potrebbero ritardare interventi d’emergenza nell’attesa di conferme già evidenti; ad essere meno “specialista” considerando il paziente nella sua globalità e non per organi o patologie; a non andare in crisi nel momento in cui la tecnologia si spegne (monitor, apparecchiature radiologiche…); a ridurre richieste di esami inutili fatti più a scopo cautelativo/difensivo con conseguente risparmio di risorse; a conoscere meglio patologie meno frequenti; a vivere un’esperienza professionale importante attraverso la formazione sul campo ed i tutoraggi nei paesi a risorse limitate.
L’ospedale di Bor ha raggiunto un soddisfacente grado organizzativo e di accoglienza; è dotato di una casa in grado di ospitare, in quattro stanze ciascuna dotata di bagno interno, otto persone. Il personale è in grado di assumersi la responsabilità del coordinamento.
Riteniamo, infatti, che le missioni siano indirizzate laddove già esista una struttura ospedaliera idonea, sufficientemente dotata dal punto di vista tecnico e con personale sanitario già con qualche esperienza nella disciplina o nel settore oggetto del ciclo formativo, ed il supporto andrà indirizzato oltre che al personale interno anche alla

formazione del personale proveniente da altre strutture della Guinea-Bissau in modo da creare un contesto favorevole alla sviluppo della sanità pubblica.
Questo tipo di aiuto non può che essere offerto da professionisti di notevole e comprovata esperienza maturata nei centri di eccellenza, universitari ed ospedalieri.
Il presente documento è rivolto a tutte le persone e organizzazioni che sono vicine alla Pediatria e che intendono recarsi a Bor per missioni di volontariato in cui dedicare il proprio tempo e prestare la propria opera gratuitamente.
L’Ospedale Pediatrico di Bor è un luogo di cura e chiunque desideri farne esperienza è chiamato ad entrare in questo spirito di dedizione e sacralità verso i piccoli e i poveri che anima da sempre i suoi fondatori, consapevole che questa missione richiederà adattamento e sacrificio e che le condizioni di vita a Bor sono molto differenti da quelle a cui si è abituati e spesso dure, sia da un punto di vista fisico e materiale che mentale e interiore.
La Pediatria accoglie da sempre chiunque chieda di recarvisi con generosità. Essendo negli anni cresciuto enormemente non solo il numero di bambini ospitati ma anche quello dei volontari, padre Battisti ha fissato alcuni criteri e regole che consentano di rimanere in questo valore di accoglienza incondizionata garantendo la sostenibilità della stessa.
– il sostegno alla Pediatria attraverso azioni (e dunque missioni) finalizzate al bene dei bambini ospitati e della struttura stessa, nel rispetto delle persone che vi operano stabilmente e delle regole del luogo. Sarà cura ricercare costantemente il miglior equilibrio tra i bisogni della Pediatria e le disponibilità dei volontari.
Il panorama degli aiuti umanitari e della cooperazione è quanto mai diversificato e variegato. Un progetto che unisca forze, personale e risorse economiche, può permettere un risultato migliore, soprattutto quando si associano professionisti di estrazione sia omogenea sia eterogenea ma, con obiettivi comuni, interessati alla riuscita del progetto collettivo piuttosto che al solo raggiungimento dei risultati delle singole Organizzazioni di

appartenenza e di provenienza. Scopo del coordinamento è quello di garantire e certificare una elevata formazione scientifica a medici e infermieri della Guinea-Bissau e al tempo stesso creare accordi locali per meglio inserirsi nei programmi formativi, reciprocamente ed ufficialmente riconosciuti.
In questo ambito, importante potrà essere il ruolo dell’Università locale con cui l’ospedale di Bor già collabora fornendo insegnanti, corsi formativi e offrendo la possibilità, agli studenti, di fare stage all’interno dell’ospedale.
L’obiettivo è quello di riuscire a coinvolgere, attorno al nucleo iniziale, il maggior numero possibile di associazioni e di professionisti interessati ad offrire il proprio contributo alla cooperazione sanitaria attraverso il presente progetto.

3. Il progetto

Il Progetto nasce, su iniziativa del dott. Dionisio Cumba con l’assenso dell’ospedale São José em Bor e con l’approvazione di Mons. José Câmnate na Bissign, Vescovo di Bissau, avendo ottenuto la disponibilità e la partecipazione dei partner che si adopereranno per favorire la realizzazione del progetto.

3.1 le associazioni:
Chirurgo e bambino Onlus
Chirurgia Pediatrica, Azienda Ospedaliero-Universitaria. di Ferrara (Chirurgia Pediatrica, generale e specialistica)
Chirurgia Pediatrica,Ospedale Sao Josè em Bor.

3.2 le attività previste:
Dal confronto sono emersi gli ambiti specialistici da considerare che riguardano le seguenti specialità:

A) Garantire un servizio di terapia intensiva postoperatoria di 4-8 letti collegati ai di respiratori automatici e monitor per rilevazione dei parametri vitali in continuo in una o due stanza fornite di ossigeno.

B) Formazione di personale medico e paramedico locale per assistenza in terapia intensiva postoperatoria

C) Garantire il trattamento di patologie malformative chirurgiche ad oggi non curabili in Guinea con obiettivo di contribuire nella riduzione della mortalità infantile.

E) Allestire più servizi di diagnostica (Laboratorio di analisi cliniche, Rx, Endoscopia, ECG ed eventualmente TAC e RMN)

F) Finanziare:
a) le missione mediche di medici specialisti Italiani e Guineani radicati nella diaspora per la formazione teorico-pratica.
b) rimborsare le spese di quanti non possono permetterselo o dei quali necessità la loro opera o la loro presenza. Il riferimento è a quegli operatori che sono necessari al funzionamento degli strumenti o della struttura e che per necessità di cose vanno agevolati
.

G) potenziare centri ambulatoriali di primo soccorso a livello territoriale forniti da mezzi di trasporti (ambulanze)

H) Internalizzazione dell’ospedale con possibilità di trasformazione di un centro di ricerca e formazione specialistica di giovani mendici Guineani e non solo, come obbiettivo da raggiungere.

I) Certezza dell’accesso ai farmaci attraverso l’ampliamento della farmacia esistente, la formazione e l’assunzione di personale competente con la collaborazione di un laureato in Farmacia in Italia, disponibile a trasferirsi in Guinea-Bissau. Pianificazione degli acquisti con almeno un anno di programmazione.

L) Accettare e promuovere qualsiasi proposta formativa e/o di collaborazione possa intervenire nel corso degli anni.
Inoltre, nell’ambito di una più concreta ed efficace azione di responsabilizzazione e consapevolezza della popolazione, si vuole promuovere un programma di educazione socio-sanitaria.

Altre attività previste
1) rafforzamento del servizio di prevenzione e assistenza pediatrica e igienico-sanitario, presso le scuole, affinché si possano visitare e monitorare accuratamente tutti i bambini e per tutti si appronti una dettagliata cartella clinica.
2) miglioramento del servizio sanitario materno-infantile, in collaborazione con il vicino ospedale di Cumura e delle strutture sanitarie nazionali.

3) con l’assenso e il patrocinio del ministero della pubblica istruzione si intende tenere corsi di formazione e successivamente di aggiornamento in Igiene e Salute per le insegnanti delle Scuole, situate nei quartieri (sui comportamenti igienici corretti da tenere da parte dei bambini e anche dei genitori/famiglie al fine di intervenire su una migliore azione di prevenzione delle patologie legate alla mancanza di igiene di base, nonché sulle capacità di identificare velocemente potenziali disturbi o malattie endemiche);

4) potenziamento del servizio di clinica mobile, già in essere, con un’azione di educazione, supporto, e accompagnamento alle famiglie che vivono su tutto il territorio intorno a Bissau, con un ampio programma igienico-sanitario su base comunitaria e rurale, con specifiche azioni di prevenzione e cura in ambito pediatrico e materno-infantile (maternità sicura) ed il coinvolgimento diretto e integrato dei diversi attori locali (comunità locale, scuole, centri di salute e ospedale), al fine di un’ampia azione di educazione e sensibilizzazione della comunità locale sulla conoscenza della salute e delle malattie trasmissibili. Si calcola che, in Guinea-Bissau un abitante su cinque sia siero positivo. Il sistema sanitario che la Guinea-Bissau ha ereditato dall’era del colonialismo è indirizzato più verso la cura delle malattie, che verso la prevenzione.
Il programma di prevenzione è fondamentale per diminuire le infezioni di HIV a livello nazionale, ma i cambiamenti necessari per spingere il sistema sanitario in questa direzione sono enormi e difficili. La mancanza di fondi è la difficoltà più ovvia e apparente, nonostante si stia cercando di distribuire i farmaci retro-virali gratuitamente lo scoglio maggiore è superare l’imbarazzo della popolazione che non vuole accettare ed ammettere di essere sieropositiva. La paura del pregiudizio e di essere segregati o rifiutati dalla famiglia, che in mancanza di una rete sociale, resta l’unica forma di assistenza e sostentamento, è talmente radicata che si nasconde anche a se stessi di essere

ammalati, questo soprattutto nelle popolazione maschile. Una forma di approccio più ampio, partendo dalla scuola, dai ragazzi, dalle donne, che si sono dimostrate più sensibili, anche perché spesso esse sono accusate di essere la causa della trasmissione del virus, educare all’uso del profilattico ed a ridurre la promiscuità.
Partendo dall’incremento delle informazioni igienico-sanitarie e dalla diffusione della consapevolezza da parte dei bambini e delle famiglie della correlazione dell’incidenza delle patologie alle condizioni igienico-ambientali e comportamentali, che deriverà dall’azione di sensibilizzazione diffusa, che si intende perseguire, potrà agire quale elemento di prevenzione sia per patologie strettamente legate a patologie gastrointestinali e/o infettive che ai comportamenti sessuali.
Il progetto, a carattere pluriennale, si pone l’obiettivo finale del miglioramento delle condizioni sanitarie e sociali della popolazione locale, infantile e femminile riducendo l’incidenza delle patologie materno-infantili, e di primo soccorso e delle patologie pediatriche gastroenteriche, dermatologiche e respiratorie in modo particolare nei bambini. Un obiettivo atteso è costituito anche dall’incremento delle diagnosi e la cura di patologie legate al parto, trasmissione diretta dell’HIV e ad adeguate forme di prevenzione delle MTS.
3.3 Profilo professionale degli operatori e del gruppo di lavoro.
Arcispedale Sant’Anna di Ferrara
“Felici noi, guidati da un Vescovo insigne per pietà, modestia, integrità e prudenza”.
Con queste parole l’umanista Guarino Guarini definisce Beato Giovanni Tavelli da

Tossignani, Vescovo di Ferrara dal 1431 al 1446, figura delle altissime doti morali ed intellettuali cui si deve la fondazione dell’Ospedale S.Anna.
Nato nel 1386, Giovanni Tavelli, a soli 22 anni nonostante l’ostilità della famiglia che lo vuole avviare alla carriera notarile, entra nell’ordine minore dei Gesuiti, segnalandosi presto nell’ambiente ecclesiastico per la straordinaria tensione spirituale accompagnata da una profonda cultura umanistica. La più significativa opera della sua ricca produzione letteraria è il “Memoriale”, testo apologetico sulla vita dei Gesuati, con cui difende la sua congregazione dall’accusa di eresia e che diviene immediatamente Regola della Confraternita. Dal 1426 il Tavelli è Priore a Ferrara dove erige la chiesa di S. Girolamo in cui tuttora sono conservate le Sue spoglie. Nominato Vescovo nell’ottobre del 1431, Giovanni Tavelli accetta la carica solo dopo molte esitazioni, ritenendosi indegno di diventare “guardiano degli altrui vigne, il quale non ha guardato la vigna mia”. Nei 15 anni del suo episcopato si batte per una “chiesa vivi tra uomini vivi”: a piedi o a cavallo di una mula, percorre l’intera diocesi attivando una vera e propria rivoluzione morale ed ecclesiale operando anche contro la concezione diffusa e radicata nelle masse, del sacerdote uomo di culto avulso dalla realtà e dalle preoccupazioni quotidiane. E’ in questi anni che concepisce il sogno di un grande Ospedale in cui gli ammalati possono trovare conforto fisico e morale ed alla realizzazione di questa opera dedica le energie dei suoi ultimi anni di vita. La costruzione ha inizio nel 1443 nella sede della chiesa di S. Anna e nel chiosco ad essa annesso. Il Vescovo Giovanni Tavelli da Tossignano la consegna alla città nel 1445 appena pochi mesi prima di spirare. Il suo nome sarà inserito nel Martirologio Romano nel 1615.
Il Sant’Anna è l’ospedale della città di Ferrara e il punto di riferimento per la sanità della Provincia. L’ospedale inoltre,è sede della Facoltà di Medicina dell’Università di Ferrara

con i docenti,gli specializzandi e gli studenti dei corsi di laurea ..L’Azienda Ospedaliero-Universitaria è costituita da 8 Dipartimenti ad Attività Integrata di cui fanno parte Unità Operative e Moduli Dipartimentali. Questo modello organizzativo si pone l’obiettivo di favorire una maggiore integrazione tra i diversi Dipartimenti e le diverse Unità Operative e facilita i rapporti fra tutti i professionisti. L’obiettivo di ciascun Dipartimento non è più prevalentemente assistenziale, ma investe anche le attività di ricerca e quelle della didattica e formazione.
Dip. Riproduzione e accrescimento
Unità Operative
– Pediatria Ospedaliera
– Pediatria Universitaria
– Chirurgia Pediatrica
– Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale
– Ostetricia e Ginecologia
– Genetica Medica
Strutture Semplici Dipartimentali
– Terapia Intensiva Neonatale e Pediatrica
Chirurgia Pediatrica (generale e specialistica) Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara
L’Unità Operativa (U.O.) si occupa della diagnostica e della terapia in età neonatale, pediatrica ed adolescenziale, delle patologie chirurgiche congenite ed acquisite. L’U.O. svolge funzione di consulenza prenatale specialistica per le malformazioni congenite diagnosticate nel corso degli screening ecografici in gravidanza. Inoltre svolge funzione di

reparto di accettazione chirurgica in urgenza per i pazienti da 0 a 18 anni non compiuti. I medici della U.O. sono consulenti per l’Ambulatorio d’Accettazione Pediatrica e il Pronto Soccorso Generale.
L’attività della U. O. comprende il trattamento chirurgico della patologia degli apparati digerente, respiratorio, genito-urinario, cutaneo, linfatico, vascolare ed endocrino, per le Labio-palatoschisi (Labbro Leporino), il Megacolon Agangliare Congenito (Morbo di Hirshprung ) e le Malformazioni Anorettali (Ano Imperforato), per gli angiomi e il trattamento dei nevi melanocitici in particolare i nevi congeniti giganti.
Convinta delle urgenze assistenziali dei paesi poveri, l’Unità Operativa di Chirurgia Pediatrica ha voluto coagulare le aspirazioni e i progetti futuri di aiuto sanitario istituendo, nel luglio 2003, una propria Associazione Onlus, denominata Chirurgo & Bambino che, per statuto, si propone di realizzare programmi di sviluppo e sostengo a favore della chirurgia infantile, non solo in Italia, ma soprattutto nei Paesi in Via di Sviluppo. Il Personale medico della Chirurgia Pediatrica di Ferrara, ha finora partecipato a circa 20 in paesi extracomunitari dividendo la propria attività in Guatemala, Ecuador, Kenya, Mauritania, Yemen, Tanzania, Bangladesh(1995-2013).
Lo scopo delle missioni è stato quello di svolgere l’attività chirurgica conformandosi il più possibile col contesto culturale del paese ospite cercando inoltre di coinvolgere le figure professionali del territorio.Al mondo migliaia di bambini non possono sorridere a causa della labio-palatoschisi, una malformazione che nei paesi più disagiati colpisce circa un bambino ogni 300 nati. La labio-palatoschisi è una deformità del labbro e del palato che deturpa completamente il volto dei bambini che ne sono affetti, comportando inoltre difficoltà nella nutrizione, problemi di logopedia, e spesso anche un grave disagio sociale causato dall’isolamento ed emarginazione a cui le culture locali condannano questi piccoli, spesso con la soppressione del bambino.
L’intervento chirurgico per correggere il labbro leporino dura circa 45 minuti; questa

piccola operazione non rappresenta per un bambino solo la soluzione definitiva ad una patologia, ma anche e soprattutto la speranza di poter vivere un nuovo avvenire.
L’intervento specialistico del reparto di Ferrara nasce proprio con l’intento di operare bambini affetti da labio-palatoschisi nei paesi disagiati, per donare loro il sorriso e la possibilità di godere di un futuro migliore.

4. Lo sviluppo del progetto.

4.1 Descrizione del contesto e opportunità di inserimento
Il contesto in cui si andrà ad operare è quello evidenziato in premessa, cioè in uno scenario tipico di un paese in via di sviluppo. Fisicamente si lavorerà sul territorio che è rappresentato dalla periferia della capitale caratterizzato da pessime condizioni igenico sanitarie, da estrema ignoranza e indigenza della popolazione; se vogliamo fare un termine di paragone assimilabile alle maggiormente conosciute “favelas” brasiliane o alle “bidonville” africane.

4.2 Analisi dei bisogni
E’ intuitivo che, visto il contesto in cui si opera, le esigenze sanitarie sono tutte e a tutti i livelli. Chiaramente il progetto non può affrontare tutte le patologie, o meglio le patologie di tipo endemico quali per esempio: la malaria, la malnutrizione, le malattie respiratorie etc. in quanto queste attengono alla medicina “generale” già oggetto di cura da parte dell’ospedale in cui si andrà ad operare. I settori di intervento del progetto sono dunque quelli specialistici già oggetto di descrizione al punto 3,2. Ai quali si potranno aggiungere nel corso degli anni anche altre specialità in funzione dell’ampliamento del numero delle equipe mediche e delle missioni che si andranno a svolgere.

4.3 Analisi del mercato
Sarebbe logico pensare che l’analisi del mercato sottintenda più alla vendita di un prodotto o di un servizio che al progetto di un’operazione umanitaria. Ci soffermeremo invece su quest’aspetto perché si ritiene importante focalizzare l’attenzione sulle aspettative intrinseche del progetto. In premessa è stato evidenziato come sia cambiata la percezione degli interventi da avviare nei paesi in via di sviluppo.
“Negli ultimi anni la realtà della cooperazione sanitaria nei paesi Paesi in via di Sviluppo è in fase di profondo cambiamento, si è infatti compreso come il ruolo delle cure ospedaliere sia prioritario rispetto al passato quando venivano considerati primari i progetti di assistenza sanitaria primaria e la chirurgia era vista come pratica dispendiosa da riservare alle urgenze “salva-vita” ,ai parti cesarei e a pochi altri interventi.” A questo aggiungiamo che il desiderio espresso da tutti gli operatori locali, in primis dal Vescovo, dal direttore generale e dai funzionari locali nonché dalle associazioni che fino ad oggi hanno sostenuto l’ospedale, che il risultato atteso è anche quello di rendere, nel tempo, finanziariamente autonomo l’ospedale. Questo è e rimane un obbiettivo a cui si vuole arrivare e che, anche attraverso questo progetto, si vuole raggiungere.
E’ a questo punto chiaro che valutare se il “mercato” è in grado di fornire un numero tale di pazienti e di prestazioni da far si che si possa giungere all’autonomia finanziaria in modo tale che le eventuali risorse, provenienti da associazioni o enti o altro, possano andare a realizzare altre opere quali l’ampliamento dell’ospedale e l’implementazione delle attrezzature.
Ora il bacino di utenza è vasto ma il contesto molto povero per cui si prevede che per almeno 5 anni l’ospedale dovrà dipendere dai finanziamenti esterni ma, come evidenziato nel piano finanziario, col passare del tempo gli incassi andranno a coprire i costi di gestione e questo porta a quella autonomia tanto auspicata.

Qui ci preme fare una precisazione, questo progetto non è finalizzato ad ottenere un guadagno, essendo un’organizzazione no profit, ma si punta alla realizzazione di una missione anziché al profitto. La finalità è capire non tanto come guadagnare di più, quanto piuttosto in che modo realizzare la missione. Il valore che il “cliente” percepisce è il frutto del beneficio che sente di aver ottenuto al netto del costo che ha sostenuto per ottenerlo.
Non clienti, ma beneficiari. Se partiamo da questo presupposto la mission di questo progetto è innalzare il livello della sanità locale ma anche e soprattutto quella di educare la popolazione e gli operatori locali in modo da evolvere verso un concetto di salute come quello dei paesi europei. È quindi più corretto parlare di beneficiari anziché di clienti. I beneficiari saranno dunque tutti i gruppi che, potenzialmente, otterranno un vantaggio da questo progetto innovativo. Intendendo per gruppi, oltre alla popolazione, alle scuole ed agli enti locali anche le equipe mediche europee che si arricchiranno di esperienza fortemente formativa sul piano umano e anche, paradossalmente, professionale.

4.4 Strategia di intervento
Fortunatamente la Guinea-Bissau è un paese piccolo e facilmente raggiungibile dai mezzi di comunicazione quali la televisione e la radio. La promozione del progetto è quindi facilmente realizzabile. La curia ha una sua radio che copre l’intero territorio nazionale e, in quanto appartenenti alla stessa struttura, la diocesi di Bissau, la collaborazione è stretta e fattiva. Infatti ogni missione medica viene pubblicizzata e anche tutte le iniziative che il presente progetto propone saranno abbondantemente promosse. Inoltre la radio del quartiere dove ha la sede l’ospedale è ben felice di trovare argomenti da trattare quali la salute pubblica e quindi si è sempre resa disponibile a promuovere ogni iniziativa. La televisione, di stato, ha quasi sempre realizzato servizi che sono andati in onda più volte

al giorni e talvolta per più giorni in tutti i telegiornali. Tutti questi operatori lo fanno gratis. Non mancano quindi le opportunità di far conoscere le iniziative del progetto.
Indirettamente si può ottenere un marketing inverso ovvero un ritorno di immagine per le equipe e per le organizzazioni che promuovono questo progetto. Pensiamo ai finanziatori del presente progetto che possono, nel loro paese di origine, pubblicizzare questa iniziativa con un ritorno di immagine. Per esempio la collaborazione con l’università Jean Piaget di Bissau che fa capo al gruppo Piaget del Portogallo che opera, oltre che in Guinea-Bissau, anche in Portogallo, Brasile, Angola, Capo Verde e Monzambico con un possibile gemellaggio con l’università di Ferrara o Padova, quale risonanza potrebbe avere in termini di internazionalizzazione. O ancora quale possibile valenza avrebbe oggi, dove c’è maggiore sensibilizzazione al problema della migrazione, poter affermare che con questo progetto formativo e operativo si è potuto dare una risposta locale alla migrazione di persone che vogliono venire in Europa per studiare o per curarsi. Un ente o una regione che si vogliono far carico di aderire, finanziando o sponsorizzando, al progetto possono poi asserire di aver lavorato nel solco di aiutare in loco la popolazione a rimanere nei loro paesi di origine. Crediamo che un progetto di questa valenza e portata, sia come qualità degli interventi sia per la durata e l’impegno nel tempo, possa ben vantare quel carattere di strumento adatto non solo ad aiutare dal punto di vista sanitario la popolazione locale, ma anche quale mezzo per far progredire un paese in via di sviluppo perché possa ottenere non solo i benefici strettamente legati all’ambito socio-sanitario ma anche i mezzi economici e formativi di crescita che li renda sempre meno dipendenti dagli aiuti della comunità internazionale e dalla ricerca di emigrare verso quei paesi che per loro rappresentano l’unica ancora di salvezza.
Le opportunità di inserimento sono molteplici e sicuramente vi saranno tutte le opportunità per poter efficacemente concretizzare il progetto.

Sono state individuate diverse fasi operative:
A) Condivisione del presente comune documento tra i partner, le organizzazioni promotrici, il parere favorevole della Direzione dell’ospedale e il patrocinio del ministero della sanità della Guinea-Bissau. In seguito si procederà alla promozione dell’iniziativa presso tutti gli enti che potrebbero essere disponibili a finanziare il progetto.
B) Incentivazione delle Collaborazioni con Istituzioni pubbliche e private che possono essere interessati ad aiutare e sostenere il nostro progetto.
C) Costituzione di una segreteria comune.
D) Realizzazione di una banca dati che riunisca tutti gli specialisti disponibili alla realizzazione del progetto, e che fanno parte o sono collegati alle diverse associazioni partecipanti. Verrà preparata una speciale scheda per la raccolta e l’archiviazione dei dati, nel rispetto della privacy, più importanti di ogni specialista (caratteristiche personali di ogni figura sanitaria, specialità, lingua/e conosciute, esperienze pregresse, periodi di disponibilità, etc.
E) Costituzione di una ristretta Commissione di Coordinamento per:
• valutazione e selezione dei progetti
• valutazione e selezione dei diversi specialisti rispetto al singolo impegno formativo

Un’organizzazione che voglia innovare in maniera efficace dovrà analizzare tutti i possibili beneficiari e un buon modo per farlo consiste nel completare per ognuno di essi un piano strategico. L’obiettivo sarà quello di mettere in luce, per ogni gruppo, le strategie da utilizzare per sfruttare i vantaggi e affrontare le difficoltà dei beneficiari.
Sarà quindi più utile pensare in termini di implementazione, ovvero di sistemi che siano in grado sia di veicolare l’innovazione verso i beneficiari sia di renderli capaci di utilizzarla.
Per essere sicuri che un’innovazione come questa abbia un impatto reale sui beneficiari, attenzione in questo specifico caso per beneficiari non intendiamo i pazienti che verranno

curati nel corso delle missioni mediche o quanti verranno “educati” attraverso i percorsi formativi scolastici e rivolti alla popolazione , ma tutti gli operatori locali che beneficeranno del progetto ossia dell’insegnamento e, attraverso l’affiancamento in sala operatorie e nelle corsie dell’ospedale, dei medici e di tutto il personale paramedico, l’organizzazione che la promuove deve quindi chiedersi:
1- cosa si deve fare perché i beneficiari utilizzino le innovazioni che il progetto propone?
2- quali metriche si devono utilizzare per misurarne l’efficacia?
3- cosa si deve fare affinché quanto prodotto diventi prassi?
Quello che si vuole impostare e realizzare, nel caso della formazione, non è una relazione tra “docente e discente” ma di coinvolgimento e supporto. Invece, per quanto concerne le missioni mediche il rapporto va ricercato nell’ambito di una stretta collaborazione con i medici e chirurghi locali con la diretta partecipazione alla preparazione e agli interventi oltre che al decorso postoperatorio in modo tale da creare i presupposti per una futura autonomia e portare alla consapevolezza delle proprie capacità. Va sottolineato questo aspetto perché, spesso, le equipe mediche straniere vengono viste come quelle che svolgono la missione, ostentano i risultati e se ne tornano al loro paese senza nulla lasciare del loro passaggio se non i puri interventi chirurgici. Quello che si vuole ottenere è che lo scambio, sia pur impossibile sul piano paritetico, porti al recepimento del know out che i professionisti italiani possono e devono lasciare. E’ su questo elemento fondativo che verranno impostate le missioni mediche affinché il si possa ottenere, dai medici locali, l’auspicato innalzamento del livello della loro professionalità e il riconoscimento della validità pratica e scientificità dei vari tipi intervento e di trattamento.
Se, quindi, non si potrà parlare più di discenti, ma di beneficiari del know out, bisognerà anche ripensare il proprio rapporto con essi. Il problema non sarà più andare in missione e operare e tornare, ma capire quali strumenti utilizzare per coinvolgere i beneficiari e

ottenerne l’adesione, il supporto e il recepimento del valore aggiunto che questo progetto vuole sviluppare. In sostanza, non basta avere in mente un’innovazione utile e ben congegnata: se non siamo in grado di convincere i beneficiari che si tratta di qualcosa che servirà davvero a migliorare le cose, l’intera missione rischierà di cadere nel vuoto o quanto meno di lasciare le cose nello status quo. Questo comunque non significa che il progetto sarà un fallimento, salvare anche solo una vita umana è di per se un risultato eccezionale, ma verrebbe meno lo spirito auspicato con questa iniziativa.

6. Proposta operativa
Il progetto prevede l’effettuazione di interventi chirurgici programmati collegati a Corsi Teorico Pratici della durata di due o tre settimane, eseguiti preferibilmente da più docenti contemporaneamente; verranno effettuate lezioni teoriche ed incontri individuali tra docenti e studenti in modo da rendere il più proficuo possibile il corso formativo. Sono previste anche attività pratiche come la partecipazione dei discenti a interventi chirurgici preordinati, che in alcuni casi vedranno come primi operatori gli studenti e/o i medici locali specializzandi anche provenienti da strutture ospedaliere operanti sul territorio.
Individuazione di professionalità atte a tenere corsi di formazione, in loco a vari livelli, agli attori sociosanitari – medici, infermieri, operatori sociali etc. – della durata di alcuni mesi per più anni. Si può puntare su professionisti in pensione o che abbiano tempo e disponibilità a garantire periodi sufficientemente lunghi da poter concretizzare il progetto pluriennale.

Il reclutamento del Personale, l’Organizzazione e la Logistica
I Docenti (Professionisti Volontari) potranno essere individuati nel modo più appropriato attraverso il costituendo database che verrà realizzato con questo fine.

Coloro che si renderanno disponibili per una specifica missione, e che presenteranno le caratteristiche richieste, potranno partecipare eventualmente accompagnati da uno o più collaboratori di propria scelta. Sarà essere istituito un sito internet ad oc a cui fare riferimento per vedere le varie missioni mediche o i corsi formativi a cui i volontari potranno chiedere di partecipare. La loro valutazione sarà poi affidata ad una commissione esaminatrice.
A tutti verrà offerto vitto e alloggio dalle strutture ospitanti, ma presteranno la loro opera del tutto gratuitamente; dovranno inoltre farsi carico delle spese di viaggio, tranne nel caso in cui si trovino o si renda disponibile uno sponsor o limitatamente a casi di assoluta necessità.
La scelta delle strutture ospedaliere ove svolgere l’attività specialistica oggetto del progetto sarà attentamente valutata caso per caso, tenendo conto dei seguenti elementi:

Tipo di richiesta pervenuta dalla struttura ospedaliera guineana (ospedali di: Bos,
Cumura, Madrugada, Celo e Tera e Simāo Mendez o da altre organizzazioni nazionali ed internazionali ivi operanti
Adeguatezza della struttura in termini di risposta dei requisiti indispensabili all’attività da svolgere (Sale Operatorie, Laboratorio, Radiologia, Rianimazione,Protesi, Farmaci etc.)
Possibilità di successo del progetto per i rapporti già consolidati sul posto tra le istituzioni (Consolato d’Italia, ONG, ONLUS, Società italiane operanti in Guinea) e le realtà locali (Ministero della Sanità, Direzione Ospedaliera o Universitaria etc. )
Stabilità (o almeno relativa stabilità) delle condizioni politico e sanitarie, che possano garantire la progressione del progetto nel tempo necessario.

Presentazione del Progetto in Italia e in Guinea-Bissau
Il progetto “São José em Bor ” verrà presentato dalla direzione dell’ospedale São José em Bor alla diocesi di Bissau, alle Strutture Sanitarie aderenti, alle associazioni che già finanziano la clinica di Bor, alle istituzioni, enti pubblici e privati, alle organizzazioni civili e religiose, al ministero della sanità della Guinea-Bissau e alla Unione Europea (rappresentanza della Guinea-Bissau) e al Console italiano della Guinea-Bissau.